di Marco Rotondi

Neurosystemics n° 25/2024

Premessa

Non parliamo qui di pratiche cliniche ma di pratiche organizzative e manageriali riferite soprattutto alla gestione delle persone.
Infatti dal quadro critico delle Risorse Umane in Sanità, più volte preannunciato e delineato in questi anni[1], emerge con chiarezza l’urgenza di intervenire, di passare dalle parole ai fatti, dalle dichiarazioni d’intenti all’azione.
Riteniamo allora sia importante provare a mettere a fuoco alcune possibili aree su cui intervenire prioritariamente per valorizzare i professionisti delle aziende sanitarie e migliorare almeno le situazioni più critiche.
Proveremo, allora, ad esaminare brevemente alcune aree d’intervento sulle quali sarebbe utile che le aziende sanitarie iniziassero a lavorare per poter migliorare e sviluppare i propri sistemi di gestione delle Risorse Umane aumentando così il livello di engagement dei propri professionisti pur persistendo la situazione estremamente difficile e critica del Sistema Sanitario Nazionale.
La capacità di reazione mostrata dalla grande maggioranza dei professionisti sanitari durante la pandemia ha dimostrato la loro grande capacità realizzativa quando sono messi in grado di poter agire in sintonia coi loro valori nonostante tutte le difficoltà e criticità oggettivamente presenti. La resilienza, la preparazione, l’impegno e l’adattabilità dimostrate dai professionisti sanitari durante la pandemia sottolineano quindi l’importanza e la strategicità di investire nel loro benessere e sviluppo, non solo per affrontare le sfide immediate, ma anche per costruire un sistema sanitario più forte e capace di resistere alle sfide future.
Come allora le aziende sanitarie sono riuscite a reggere le ondate di criticità che arrivavano per la dilagante pandemia, così oggi, grazie a loro, potranno reagire alle difficoltà, contingenti e di sistema, attuali e future.

Costruire Sistemi di Gestione delle Risorse Umane basati su processi integrati di valorizzazione delle persone
Una prima area d’intervento su cui operare è la costruzione di ambienti di lavoro orientati a produrre maggiore soddisfazione, valorizzazione e coinvolgimento dei professionisti. Interventi di questo tipo sono senz’altro complessi, lunghi e difficili da realizzare, ma consentono di affrontare gli aspetti più critici come la lontananza organizzativa percepita dai professionisti, la mancanza di ascolto organizzativo, il basso livello di engagement delle persone.
Le azioni messe in campo in questa direzione non possono, quindi, essere sporadiche, localizzate o temporanee, ma devono mirare a realizzare veramente un sistema globale e diffuso di gestione e sviluppo delle Risorse Umane orientato alla valorizzazione dei professionisti, tenendo anche conto delle loro differenze e specificità. Del resto “prevenire è meglio di curare” ed organizzazioni così gestite hanno dimostrato di essere molto più resilienti alle emergenze e capaci di cambiare cogliendo le possibilità esistenti.
Per implementare tali sistemi può essere utile far riferimento a processi e metodologie realizzative già consolidate come il modello del Wellness Organizzativo® (WO®) che abbiamo illustrato e approfondito più volte in numerose pubblicazioni precedenti[2].
Il modello WO® indica che la singola attività, per quanto utile possa essere, non raggiunge l’obiettivo desiderato, non migliora l’attrattività del sistema azienda, in pratica non serve a molto se non per andare sui giornali e fare notizia. Occorre invece intervenire in maniera simultanea e integrata su tutti i diversi domini di benessere e soddisfazione lavorativa delle persone.
La sfida per le organizzazioni è allora quella di implementare un ambiente di lavoro positivo e stimolante, dove ogni professionista possa esprimere al meglio le proprie competenze e passioni.

Sviluppare una competenza diffusa dei capi nella guida efficace ed empowerizzante delle persone
Un’altra area d’intervento su cui agire immediatamente è la competenza dei capi nella gestione e guida dei propri collaboratori e della squadra a loro affidata essendo questa una variabile strategica determinante che va opportunamente presidiata.
La prima cosa da fare su questo tema è valorizzare le competenze di leadership efficace che le aziende già possiedono e sono riposte nei capi di quei professionisti che sono soddisfatti; leader che riescono a gestire e navigare nelle difficoltà oggettive attualmente presenti, dimostrando buone capacità di tenuta, motivazione e organizzazione dei professionisti loro affidati. Per questo, avviare progetti aziendali per identificarli, valorizzarne il ruolo, allargare le deleghe ed i loro campi d’azione, coinvolgerli nei processi decisionali strategici, può offrire una serie di vantaggi tangibili; primo tra tutti, un ulteriore rafforzamento di quella parte di professionisti già impegnati e motivati, generando un effetto a cascata di coinvolgimento e ingaggio di buona parte della restante popolazione aziendale; inoltre, l’incremento delle aree di responsabilità di questi leader consentirebbe loro di svolgere un ruolo ancora più significativo nella gestione globale delle persone e nell’orientamento al lavoro in team.
Un’altra cosa da fare su questo punto è agire per limitare i danni derivanti dall’incompetenza nella gestione dei collaboratori dimostrata dagli altri capi; su questo fronte si possono avviare percorsi intensivi di formazione, accompagnamento sul lavoro e coaching per far loro apprendere tale competenza oppure, se appaiono non interessati e “resistenti” ad ogni tipo di formazione su questo tema, restringere progressivamente i loro campi d’influenzamento.

Sviluppare processi di lavoro agili centrati sui bisogni del paziente e sullo sviluppo dell’apprendimento
Una delle chiavi per migliorare e ottimizzare l’efficacia di un’organizzazione è l’apprendimento dalle situazioni di crisi. La pandemia, per esempio, ha messo alla prova le nostre strutture sanitarie come mai prima d’ora, affrontando grandi criticità legate alla carenza di personale, attrezzature, DPI e farmaci e all’organizzazione delle attività e degli spazi, ma ha anche rivelato alcune best practices introdotte per far fronte a queste difficoltà.
Un’altra area d’intervento riguarda allora la realizzazione di processi aziendali tesi a capitalizzare e diffondere nell’ordinario funzionamento delle aziende sanitarie le buone pratiche che vengono ideate e attivate. Queste buone prassi, se non prontamente consolidate e incorporate nella routine lavorativa quotidiana, corrono il rischio di rimanere isolate, sconosciute, non valorizzate per stimolarne di nuove, magari anche abbandonate nel tempo.
Ricordiamo qui di seguito, a titolo d’esempio, tre buone pratiche che sono risultate essere determinanti durante la pandemia ma che successivamente sono state spesso dimenticate dalle aziende sanitarie:

  • modelli organizzativi flessibili centrati sulla clinica: la capacità di adattarsi rapidamente a nuove situazioni è risultato un aspetto fondamentale e una competenza essenziale per affrontare l’emergenza; un modello flessibile consente alle strutture sanitarie di rispondere prontamente a cambiamenti imprevisti, come flussi di pazienti inaspettati, emergenze e nuovi protocolli terapeutici; questa elasticità permette una maggiore centratura sulla clinica, riduce il tempo di inattività, aumenta l’efficienza e migliora la capacità di risposta alle urgenze; alcuni esempi sono stati: l’utilizzo di personale polivalente capace di lavorare in diverse aree o reparti in base alle specifiche esigenze o l’implementazione di protocolli agili predisposti per poter essere rapidamente modificati in risposta a nuove informazioni e dati consentendo così di adattarsi meglio ai reali bisogni dei pazienti;
  • integrazione dei servizi sul territorio: l’integrazione e il potenziamento dei servizi sanitari a livello territoriale rappresenta una strategia cruciale per garantire l’accesso alle cure a un’ampia porzione della popolazione e per alleggerire il carico sugli ospedali; potenziando i servizi locali, si riducono infatti gli ingorghi negli ospedali principali e si assicura che i pazienti ricevano cure tempestive e appropriate; questo approccio decentralizzato permette anche di avvicinare le cure al paziente, migliorando la qualità dell’assistenza e la soddisfazione del paziente; alcuni esempi sono: l’istituzione di centri sanitari polifunzionali in determinati quartieri o aree rurali, la creazione di reti integrate tra ospedali, cliniche, medici di base e altri professionisti sanitari, le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), il miglioramento della mobilità sanitaria e dei trasporti medici per i pazienti, l’estensione dei programmi di assistenza domiciliare per i pazienti con malattie croniche o per coloro che necessitano di riabilitazione post-ospedalizzazione.
  • telemedicina: l’utilizzo diffuso della telemedicina in tutte le sue varie forme (televisite, telesalute, teleconsulto, telerefertazioni, telemonitoraggio, telecooperazione, teleassistenza) nel sistema sanitario può apportare una serie di vantaggi importanti come: l’aumento dell’accessibilità e della tempestività delle cure, la riduzione dei costi e dei tempi di attesa, un miglior utilizzo del tempo dei professionisti, il monitoraggio continuo dei pazienti, la consulenza a distanza e la possibilità di consultare colleghi e specialisti in altre parti del mondo, una gestione più integrata e coordinata dell’assistenza. Tutti questi aspetti portano anche ad una riduzione del sovraffollamento degli ospedali e dei pronto soccorso. Per promuovere una maggiore diffusione e utilizzo della telemedicina risulta fondamentale però:
    • lo sviluppo di piani formativi approfonditi per preparare il personale sanitario alla sua applicazione pratica in tutti i vari aspetti tecnologici, organizzativi e relazionali,
    • l’adozione di strumenti e dispositivi adeguati,
    • software e reti performanti,
    • connessioni internet veloci,
    • integrazione globale dei dati,
    • sicurezza e protezione delle informazioni dei pazienti,
    • miglioramento dei sistemi informativi e della condivisione dei dati e delle informazioni,
    • riorganizzazione del lavoro.

Conclusioni
Le aziende sanitarie che inizieranno ad agire prontamente almeno su questi tre ambiti sopra sinteticamente delineati potranno probabilmente diminuire l’impatto negativo che le attuali criticità di sistema (investimento nel SSN del 6,3% del PIL e nel 2026 e 2027 del 6,2% contro il 9-11% di Francia, Germania e Regno Unito) producono oggi e, sembrerebbe, produrranno anche in futuro.

In questa emergenza-urgenza manageriale occorre quindi passare subito all’azione.

 

 

[1] Vedi per esempio: Stato e prospettive dei sistemi di gestione RU nelle aziende sanitarie, M. Rotondi Convegno FIASO Arezzo 25 nov 2022, Rendere le Aziende Sanitarie più attrattive, M. Rotondi Neurosystemics n° 23/2023.

[2] vedi per esempio Passerini W., Rotondi M., 2011, Wellness Organizzativo, FrancoAngeli; Rotondi M., 2012, Wellness Organizzativo in Sanità, Edizioni EMI; Rotondi M., 2019, La gestione delle Risorse Umane in Sanità, FrancoAngeli.