Che esistano significative differenze tra il management, che chiama in causa soprattutto l’homo faber, e il golf, che vede la prevalenza dell’homo ludens, è facilmente intuibile. Meno intuibile, forse, che queste due attività, le più praticate al mondo (non è il calcio la più praticata, che resta indubbiamente la più vista), presentano più affinità di quanto non possa apparire a prima vista.
Cominciamo con il cervello: sia il manager sia il golfista devono utilizzarne al meglio i due emisferi. Senza dubbio entrambi devono affidarsi a quello sinistro, l’analizzatore, sede della razionalità: il manager, per verificare vincoli e opportunità, per studiare in modo approfondito le singole variabili in gioco, per formulare gli obiettivi e controllarne il raggiungimento; il golfista, per analizzare dettagli rilevanti del game, come la distanza dall’obiettivo, le condizioni del terreno, la forza del vento, la scelta del bastone.
Così come entrambi devono fare un grande affidamento sull’emisfero destro, chiamato integratore, sede dell’emotività: il manager per avere una visione d’insieme delle attività e dei progetti in ballo, per utilizzare la propria immaginazione, per darsi una visione del futuro; il golfista, per trovare il feeling con il percorso, per effettuare una valutazione sensoriale della distanza, per visualizzare la traiettoria della palla, per sentire il colpo.
Altro aspetto significativo che avvicina il golfista e il manager è il tempo, con cui sia l’uno che l’altro devono, in modo analogo, fare i conti. In merito e preliminarmente, vale la pena di affidarci alla sapienza greca e prendere in esame i due termini differenti che i greci utilizzano per parlare del tempo. Il primo è crònos, ovvero il tempo scandito dall’orologio, oggettivo, seriale, uguale per tutti; il secondo è il kairòs, cioè il tempo soggettivo, intimo, dell’occasione, dell’opportunità. Il crònos per il manager significa saper pianificare, fare il budget, rispettare gli impegni e le consegne; per il golfista, significa rispettare l’orario di partenza (sono previste penalità di diversa entità), i tempi previsti per il passaggio alla nona buca e all’arrivo.
C’è infine un’altra grande area di affinità che potremmo chiamare “Psicologia e d’intorni”. Riguarda molti aspetti: la capacità di darsi una motivazione potente e saperla mantenere anche nei momenti più difficili, il sapersi nutrire del famoso positive thinking, non lasciarsi ammaliare da atteggiamenti presuntuosi anche in caso di successi, se è vero che la sola certezza nel management è l’incertezza, la sola costante nel golf è l’incostanza.
E, da ultimo, non prendersela con la dea bendata, cioè non affidarsi in modo passivo alla speranza, se vale, come crediamo valga in ogni campo dell’attività umana, la massima che recita: per favorire la fortuna, occorre organizzare la speranza.
Lorenzo Oggero, docente di management nell’area delle risorse umane e autore del libro “Management & Golf”.