di Beatrice Duce [1]

Neurosystemics n° 22/2023

‘’Siamo ciò che facciamo ripetutamente. Perciò l’eccellenza non è un atto ma un’abitudine.’’

Questa citazione è di Aristotele ed è tutt’ora valida in quanto ci ricorda la grande differenza tra il dire di sapere, il saper fare e il farlo spontaneamente.

Cosa trasforma una conoscenza in una competenza? Una dichiarazione in una pratica quotidiana? E quando una competenza diventa parte del nostro essere redendoci competenti ed anzi eccellenti?

Tre sono, a mio avviso, i fattori chiave:

  1. L’ azione
  2. Il tempo
  3. La coerenza

Affinché una conoscenza diventi competenza occorre, infatti, passare dal “sapere” al “fare” e il comportamento, oltre che essere agito, deve essere ripetuto con costanza nel tempo.

Questo scollamento tra sapere e comportamento agito (o azione) porta delle inefficienze in ogni processo aziendale e ha ripercussioni sull’essere (un buon capo, un bravo comunicatore, un bravo motivatore, ecc…).

Avere una competenza teorica non fa di noi degli esperti, conoscere le leggi della comunicazione non farà di noi dei bravi comunicatori; ciò che fa la differenza è la pratica ripetuta nel tempo.

Questo potrebbe sembrare banale, è ovvio che per diventare un bravo tennista non basti leggere il libro di Agassi o vedere tutte le partite del torneo di Wimbledon. Tuttavia è proprio qui che, nella mia esperienza, risiede il paradosso; molte cose sono ovvie, oserei dire scontate, ma quante poi vengono davvero applicate?

Pensiamo al mondo aziendale e per esempio alla gestione dei collaboratori. Molti manager sanno quanto sia importante fornire feedback puntuali e accurati ai membri del team per motivarli e migliorare le performance, ma quanti lo fanno davvero sistematicamente e con continuità?

Stessa analogia può essere applicata alla vita di tutti i giorni; quanti corsi di comunicazione e di time management abbiamo fatto nel corso della nostra carriera? Quanti ci hanno portato benefici significativi e duraturi?

Nella migliore delle ipotesi abbiamo probabilmente riscontrato dei miglioramenti subito dopo il corso, ossia dopo aver acquisito la nozione, il sapere. Poco dopo, se al sapere non è poi seguita la pratica, sia l’entusiasmo che i benefici si sono progressivamente affievoliti. Non è così?

Possiamo definire questo fenomeno ‘’effetto wow’’. Terminato un corso di formazione, e in generale appena acquisita una nuova conoscenza, siamo pervasi da entusiasmo e motivazione intuendo, concettualmente, il potere di cambiamento positivo insito in quel dato sapere. L’effetto wow normalmente perde vigore dopo qualche giorno.

Come possiamo passare dunque dal sapere all’eccellenza?

Tre sono gli ingredienti principali:

  1. Metodo
  2. Disciplina
  3. Perseveranza

Non esistono scorciatoie o formule segrete per eccellere. Aristotele ci aveva già avvertiti; l’eccellenza è frutto dell’abitudine e l’abitudine è un comportamento ripetuto nel tempo.

Alcuni studi sembrano concordare che al nostro cervello occorrano 21 giorni per trasformare un comportamento in un’abitudine. Quale che sia il tempo necessario, in ogni caso, occorre perseverare nella pratica fino a quando il sapere è diventato un’abitudine e quindi parte del nostro ‘’essere’’.

La disciplina oggi sembra essere desueta e risuona come una limitazione di creatività e innovazione. Non è così: uno dei pilastri della scienza della felicità è proprio ‘’più disciplina e meno caos’’.

La disciplina è infatti una leva importante per consolidare buone pratiche e stare bene.

Per ottenere quindi cambiamenti duraturi nella nostra vita, suggerisco di pensare a quali siano oggi le nostre abitudini e valutare se siano effettivamente funzionali ai nostri obbiettivi. Per esempio, se vogliamo svegliarci riposati al mattino, l’abitudine di guardare lo smartphone prima di addormentarci non è funzionale a questo scopo.

Il secondo passaggio è quello di agganciare una nuova abitudine ad una già acquisita. Per esempio, io ho l’abitudine di prendere il caffè appena arrivata in ufficio, a questa azione ho agganciato il nuovo comportamento di chiedere un feedback almeno ad un collega che incontro nell’area break.

Agganciare una nuova abitudine ad una già consolidata è un piccolo trucco molto efficace.

Ad un livello più ampio come quello aziendale occorre un passo in più, ossia passare dalla disciplina al metodo ovvero:

  1. Mappare il saper fare: abbiamo le competenze necessarie per raggiungere i nostri obbiettivi? Se la risposta è negativa occorre intervenire acquisendole all’esterno oppure formando le proprie persone.
  2. Quali sono i risultati che desideriamo ottenere? Quali sono in particolare i comportamenti che vogliamo osservare? Il sapere, per portare risultati, deve essere agito con continuità e quindi diventare un comportamento “automatico” osservabile e misurabile.
  3. Abbiamo processi per monitorare i comportamenti desiderati, per rinforzarli, svilupparli e per dare riscontri puntuali? Il comportamento per diventare eccellenza deve essere diffuso e ripetuto nel tempo. Questo si ottiene attraverso processi di verifica e controllo, alimentati da feedback nutrienti e premi.

Ancora una volta, tutto questo potrebbe sembrare scontato e ovvio. Vi svelo quindi il motto che ha cambiato la mia vita: ‘’lo so e lo faccio’’ la differenza è tutta qui.

 

[1] Senior consultant IEN