Si chiama Simone, ha 15 anni, e davanti ai manifestanti del movimento di estrema destra di Casapound, che da giorni scendono in piazza contro l’arrivo di alcune decine di nomadi nel centro d’accoglienza di Torre Maura, nella periferia di Roma, non esita un momento a prendere posizione dichiarando “Nessuno deve essere lasciato indietro, né italiani, né rom, né qualsiasi tipo di persona” ed accusarli di cavalcare “la rabbia della gente” solo “per racimolare i voti”. Chiede il permesso di parlare, con educazione, tradendo il linguaggio dialettale della periferia. Affronta i militanti di Casapound, da sempre in prima linea nelle proteste di periferia, esprimendo con pacatezza il suo punto di vista.
A chi gli ha detto “Tu sei uno su cento”, ha risposto semplicemente: “Si, ma io penso”. La periferia di Roma è dura, difficile e piena di livore per chi sta peggio. Ma c’è anche una periferia che non si arrende all’odio e che non ha paura di dirlo, e a fare da portavoce è un adolescente. Un barlume di speranza che ridà dignità a una città che, purtroppo, sembrava averla persa.
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